15/07/2008
Ore 08:30 saluto Luca e Silvia per recarmi al lavoro. Passo veloce al piano terra dove la zia (link1, link2 e link3) conserva il casco e la giacca per la moto. La giacca non c’è… non voglio perdere tempo e non voglio invischiarmi con zia a chiederle perchè oggi mi ha nascosto la giacca… prendo solo il casco e filo via. Ore 08:35 mi fermo dal benzinaio per il pieno quindi entro in tangenziale.
Ore 08.45, corsia di sorpasso, ad una ventina di metri dietro un’auto grigio scuro, e davanti a questa la corsia libera… anche la corsia centrale è libera. All’improvviso inchioda, non so perchè, me ne accorgo con qualche istante di ritardo: non me l’aspettavo, la strada è libera, e poi, con un bimbo di tre mesi in casa, i riflessi… Inchiodo anch’io, ma sono in ritardo e troppo veloce per evitarla, devo sterzare… un attimo e sono in aria (Lo sento vicino, come già altre tre volte nell’ultimo anno e mezzo), attraverso la corsia centrale e mi fermo schiena a terra e sguardo al cielo sulla corsia di emergenza a pochi centimetri dal guard-rail… la moto a 50 metri di distanza, l’ho vista con la coda dell’occhio… dietro a me vedo il paraurti di un’auto (grigio scuro) ferma a proteggermi per non essere eventualmente travolto. Si ferma un uomo, un ispettore della polizia, a prestare i primi soccorsi. quindi una donna medico… io sono cosciente ma ho un polmone che non funziona bene e l’aria dentro il casco non basta… il dolore è forte ma bisogna gestire il respiro. Sono vivo.
Quaranta minuti e arriva l’ambulanza, poi un calvario di otto ore in pronto soccorso per diagnosi e prime medicazioni steso su una barella spinale che neanche uno sano riuscirebbe a sopportare per tutto quel tempo. La diagnosi è: trauma toracico, cinque costole rotte con fratture multiple e lesione al polmone destro. Una profonda ferita al gomito destro che ha richiesto parecchi punti di sutura e l’estrazione di alcune schegge di osso che sono salite su per il braccio, abrasioni ed ematomi un po’ dappertutto…
Alla fine il ricovero in medicina di urgenza al quarto piano dell’Ospedale Maggiore di Bologna, dove passerò undici giorni ricchissimi in termini di esperienza umana.
La sofferenza: mia e dei malati che arriveranno in questa camerata da 10 letti.
La compassione: trovarsi a piangere mentre una figlia, seduta accanto al padre in condizioni estreme, singhiozza chiamandolo per nome.
Trovarsi a sorridere: c’è Ercole, 74 anni, con una spalla fratturata che il primo giorno chiama in continuazione gli infermieri perchè dice di vedere che ci sono due piccioni che svolazzano per la camera, la notte chiama perchè vede entrare uomini dalla finestra, il giorno dopo chiama perchè c’è un grosso pollo e alla fine io che devo urlare “Ercole! Sta fermo, non camminare che ti sbraghi tutto quanto: non vedi che sei attaccato al letto con il catetere”.
La tenerezza: un nonnino di 96 anni che al mattino fa le flessioni con le gambe sul letto e poi, tutta la notte, gli infermieri accanto, a recuperare un respiro che non c’è più e una febbre che supera i 39 gradi.
La condivisione: Andrea, 37 anni, in una gara di triathlon impatta con il volto contro una macchina che, in curva, procede in senso contrario. Orbita e zigomo sbriciolati, trauma toracico analogo al mio e frattura di alcune vertrebe. Letto alla mia sinistra e trovarsi a parlare e, insieme a lui e alla madre, portare un po’ di letizia a chi ci sta accanto.
La preghiera di ringraziamento (grazie anche a Don Mario e alle donne e agli uomini di Sant’Antonio che mi hanno accompagnato).
La solidarietà di colleghi e amici che vengono a trovarmi spesso o che inviano i loro messaggi di affetto.
Trovarsi a parlare dopo tanto, forse sempre, con Paola, mia sorella, rientrata dalle ferie per assistermi e raggiungere una confidenza che mai prima…
Silvia, mia sposa e mia roccia, non ci sono abbastanza parole per lei, per quello che ha fatto e quello che sta facendo in questi giorni di convalescenza. E’ sfinita: oggi ha portato il ciuccio a me invece che a Luca :).
Ed infine tutti i medici e gli infermieri del reparto, con la loro umanità, simpatia e gentilezza (se lo sapesse Brunetta) dei quali voglio ricordare i nomi: il dottore Luca, la dottoressa Chiara e tutti gli infermieri (Angela, Erica, Francesco, Nicola, Margherita, Eleonora, Ilaria, Maria, Lorenzo, Viola, Luca, Nino, Silvia e Max).
Ciao.
July 28th, 2008 at 18:09
Urca.
Mi dispiace, non sapevo, altrimenti ti sarei venuto a trovare.
Sei a casa adesso?
July 28th, 2008 at 18:15
Miseria … non lo sapevo!
Ma cosa mi combini!
Sei a casa ora?
July 28th, 2008 at 18:38
Ehi, coraggio! L’ho saputo solo ora, grazie a Canelli. Un fortissimo abbraccio (ovviamente solo spirituale, se no ti faccio male!)
July 28th, 2008 at 22:40
Sì. Sono a casa, dovrò stare a riposo per un po’… una volta alla settimana dovrò tornare in ospedale per medicazioni, lastre e visite di controllo (almeno fino a metà agosto).
Un abbraccio (spirituale) a tutti e tre.
Ciao
July 29th, 2008 at 00:22
Gulp! Auguri.
July 29th, 2008 at 09:16
Grazie professore.
…Buone vacanze…
July 31st, 2008 at 09:58
Ancora con queste scuse, la zia che nasconde la giacca….
ma per piacere!
Pensa invece che adesso hai un ottima occasione per aiutare tua moglie nella gestione della casa.
July 31st, 2008 at 10:54
@Mastro Lindo: aiuterò… appena mi rimetto un po’… e magari iniziando a spolverare la parte superiore dei parascope, eh…
August 27th, 2008 at 12:17
E’ stato bello per me poterti aiutare. Siamo stati vicini come non siamo mai stati e l’occasione per dimostrarci finalmente quanto ci vogliamo bene. Ci sarò SEMPRE.
Un bacio