Gv 1,14 [J.L.Borges]
Gv 1,14
Non sarà meno un enigma questa pagina
di quelle dei Miei libri sacri
né di quelle altre che ripetono
le bocche ignoranti
credendole di un uomo, non già specchi
oscuri dello Spirito.
Io che sono l’È, il Fu e il Sarà
accondiscendo di nuovo al linguaggio
che è tempo successivo e simbolo.
Chi gioca con un bambino gioca con qualcosa
di vicino e di misterioso;
io volli giocare coi Miei figli.
Stetti fra loro con stupore e tenerezza.
Per opera di una magia
nacqui stranamente da un ventre.
Vissi stregato, incarcerato in un corpo
e nell’umiltà dell’anima.
Conobbi la memoria,
quella moneta che non è mai la stessa.
Conobbi la speranza e il timore,
quei due volti dell’incerto futuro.
Conobbi la veglia, il sonno, i sogni,
l’ignoranza, la carne,
i tardi labirinti della ragione,
l’amicizia degli uomini,
la misteriosa devozione dei cani.
Fui amato, compreso, esaltato e fui appeso a una croce.
Bevvi il calice fino alla feccia.
Vidi con i Miei occhi quello che non avevo mai visto:
la notte e le sue stelle.
Conobbi il levigato, il sabbioso, il disuguale, l’aspro,
il sapore del miele e della mela,
l’acqua nella gola della sete,
il peso di un metallo sul palmo,
la voce umana, il suono di alcuni passi sull’erba,
l’odore della pioggia in Galilea,
l’alto grido degli uccelli.
Conobbi anche l’amarezza.
Ho commissionato questo scritto a un uomo qualunque;
non sarà mai quello che voglio dire,
sarà almeno il suo riflesso.
Dalla Mia eternità cadono questi segni.
Che un altro, non colui che adesso è il suo amanuense, scriva la poesia.
Domani sarò una tigre fra le tigri
e predicherò la Mia legge nella loro selva,
o un grande albero in Asia.
A volte penso con nostalgia
all’odore di quella falegnameria.[Jorge Luis Borges - Elogio dell’ombra, 1969]