De inventione
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Abbiamo raccontato come esordì il lato buono dell’eloquenza: spieghiamo anche le origini del lato cattivo. Mi pare alquanto verosimile che le cose siano andate così. Un tempo, chi era poco dotato nella parola e nel pensiero non era solito occuparsi della politica; nè, d’altra parte, gli uomini di grande valore ed eloquenza si dedicavano a cose di interesse privato. Piuttosto ritengo che, mentre le persone migliori amministravano le questioni di maggior peso, ve ne erano altre, non prive di scaltrezza, che si dedicavano alle piccole controversie tra singoli. In simili controversie si prese l’abitudine di schierarsi dalla parte della menzogna, contro la verità: di conseguenza l’assidua pratica della parola si ricoprì di audacia. Così, inevitabilmente, gli uomini migliori, davanti alle ingiustizie operate contro gli altri cittadini, si vedevano costretti a resistere a questi arroganti e a venire in aiuto ciascuno alle persone più care. Chi dunque accantonava la ricerca della saggezza, per procacciarsi unicamente l’eloquenza, appariva nell’uso della parola pari e anzi, non di rado, superiore agli altri. Accadeva quindi che nel giudizio suo e della gente fosse lui a sembrare degno di governare. Ecco perchè non ci deve meravigliare se lo Stato andò incontro ai naufragi più grandi e disastrosi: fu naturale conseguenza, visto che si erano messe al timone persone prive di scrupoli e senso del limite. Per questi fatti l’eloquenza attirò su di sè un odio ed un’ostilità tali che le persone più intelligenti abbandonarono quella vita piena di disordini e violenze per dedicarsi a studi più tranquilli, come si cerca in un porto il rifugio dalla burrasca. Perciò, credo, col passar del tempo, gli uomini migliori, nella vita privata, si dedicarono e diedero lustro agli altri studi, giusti e nobili; ma l’eloquenza, abbandonata dalla gran parte di loro, finì dimenticata, e proprio nel momento in cui la si sarebbe dovuta conservare con maggior forza e migliorare con maggiore impegno.
Perchè quanto più indegnamente la disciplina nobile e giusta fra tutte era violentata dalla sfrontatezza e temerarietà di cittadini folli e disonesti - con danno incalcolabile per la repubblica -, tanto maggiore doveva essere la determinazione nel resistere di costoro, nell’andare in soccorso dello Stato. Lo sapeva bene il nostro Catone, lo sapeva Lelio, lo sapeva Scipione Africano che, a ben vedere fu allievo di quelli; lo sapevano i Gracchi, nipoti di Scipione. Vi era in questi personaggi un valora altissimo, ed un’autorevolezza che tale valore rendeva più grande. E poi l’eloquenza, coronamento a quelle doti, presidio per lo Stato. Per tal motivo io sono convinto che se anche c’è chi dell’eloquenza fa cattivo uso nella vita privata o in quella pubblica, non di meno all’eloquenza ci si deve dedicare. E anzi con determinazione più grande, se si vuole evitare che i malvagi assumano un potere enorme, che rappresenterebbe un grave danno per gli uomini onesti e una rovina generale per chiunque. Perchè è proprio l’eloquenza la sola attività che interessa la vita sia privata che pubblica, è l’eloquenza che dà sicurezza, onore, lustro e insieme gioia alla vita. E quando si accompagna a quella saggezza che sa porre il il giusto limite ad ogni cosa, è sempre dall’eloquenza che allo Stato derivano innumerevoli vantaggi….
Cicerone - De inventione, circa 84 a.C.